La scorsa settimana, i principali esperti di neuroriabilitazione si sono riuniti presso il Centro di Neuroscienze Cliniche Hospital Los Madroños: “Innovazione nella tecnologia di neuroriabilitazione: prospettive accademiche e cliniche“.
Era presente anche la nostra consulente ricercatrice bioingegnere, Eleonora Guanziroli, che ha tenuto una lezione sull’interazione tra individui e macchine. Questo è un breve estratto:

✔ Solitamente, in Medicina Riabilitativa, vengono valutate sia le fasi precedenti che quelle successive ad un trattamento. Tuttavia, nessuno si concentra su ciò che accade nel mezzo, durante il trattamento stesso. Nessuno si chiede: “Il paziente è pienamente impegnato nella terapia?“.

✔ Stiamo discutendo di due tipi di interazioni. In primo luogo, un’interazione motoria che si verifica, ad esempio, quando un esoscheletro viene utilizzato in un esercizio. In questo scenario, il robot applica una forza al paziente, che dovrebbe avviare uno scambio reciproco di forze tra l’individuo e la macchina. Sta succedendo davvero e i muscoli si attivano con il tempismo corretto? Per determinarlo, il biomarcatore che dobbiamo rilevare è la risposta elettromiografica.

✔ La seconda è un’interazione cognitiva. Il paziente è veramente presente con la sua mente, i suoi pensieri e le sue intenzioni? In questo caso, il biomarcatore più interessante è la variabilità della frequenza cardiaca, che èlegata alla flessibilità cognitiva. Se la frequenza cardiaca è troppo bassa, significa che l’individuo non è molto reattivo.

✔ Valutando questi due parametri, i segnali elettromiografici e la variabilità della frequenza cardiaca, possiamo mettere a punto la macchina, che si tratti di un esoscheletro o di un altro apparato robotico, in base alle specifiche esigenze del paziente. L’obiettivo finale è sempre lo stesso: trovare l’impostazione che consenta di raggiungere il più alto livello di neuromodulazione centrale e il recupero più efficace della plasticità.